Il Magnete organizza appuntamenti informativi in cui si tratta l’argomento dei videogiochi correlato agli atti di bullismo virtuale. Si trattano vari argomenti e si chiarisce, anche attraverso l’aiuto degli stessi ragazzi che sono sempre correlatori negli incontri, quali sono le caratteristiche dei giochi attuali, quali sensazioni di disagio i ragazzi provano quando vengono accusati e violentati interiormente in questo mondo surreale e, insieme ai professionisti, si discute dell’aspetto comportamentale delle figure educative di riferimento, le uniche persone a poter far sì che i propri ragazzi si sentano da loro accolti e ascoltati.
I ragazzini si avvicinano ai videogiochi violenti già a partire dalla quarta elementare. Spesso i genitori non sanno di cosa si tratti, semplicemente sanno che sono giochi popolari, dove spesso non si vedono sangue e budella, e dove tutti si incontrano on line. In questo modo evitano di distaccare il proprio figlio, in questa era tecnologica, da mondo dei “socialmente accettati”. Diciamocelo chiaramente: ormai se non giochi, sei solo uno sfigato.
Ecco che iniziamo ad inoltrarci nel mondo dei prepotenti tecnologici: leoncini da tastiera, piccoletti che non perdono tempo ad offendere e sbraitare contro chi magari ha appena iniziato a giocare e che non è in grado di costruire, uccidere, mirare con le armi come fanno loro. È un gioco on line in cui i ragazzi che fanno una partita insieme comunicano tra loro attraverso un “party”: una chiamata di gruppo dove è necessario possedere delle cuffie con microfono, altrimenti ti senti escluso sin dall’inizio della partita, senza pietà. È un po’ come andare in piscina senza cuffia e rimani a bordo vasca ad osservare i tuoi amici che si divertono e che a volte ti prendono in giro, perché in fondo l’unico movimento che ti è permesso fare è quello di schizzare acqua con il piede. Il Cyber Bullismo impera in certi videogiochi. Bambini e ragazzini che offendono pesantemente il compagno di gioco.
I ragazzini giocano anche in gruppo, ma on line, dietro ad uno schermo, con le orecchie ovattate da cuffie e la testa proiettata ad un mondo virtuale che tanto ti prende. Frasi tipiche offensive dell’interazione giovanile scorretta durante le battaglie sono sempre presenti. Alcuni bambini scoppiano a piangere. Non sono pronti a subire offese continue. Sono pervasi da sensazioni di inadeguatezza incredibili, soffocanti. Ovviamente ci sono anche momenti di gioco e condivisione, in cui ci si copre le spalle a vicenda per evitare di essere uccisi dai nemici. Si pronunciano discorsi arricchiti di parolacce, bestemmie, in ogni caso. A volte alcuni del gruppo si coalizzano contro un solo giocatore della propria squadra perché non sta giocando una buona partita, costringendolo ad autoeliminarsi, stremato dalle offese. Perché in gruppo si diventa ancor più crudeli, ci si spalleggia a vicenda, ci si sente più forti. È così nella realtà, figuriamoci dietro ad una consolle di gioco. Spesso i ragazzi non dicono nulla ai propri genitori, perché temono che non li facciano più giocare. E così tengono tutto dentro, esattamente come accade nelle dinamiche di vita, chiamiamole così, reali. La tendenza a tenersi tutto dentro è moda di oggigiorno quando si parla di videogiochi. Una forte arma che utilizzano alcuni bulletti da joystick è il ricatto: “se non fai ciò che ti dico o se mi dai fastidio, ti segnalo. E non lo faccio solo io, lo faccio fare da tutti i miei amici”.
È estremamente importante che i genitori vigilino sui figli, senza muovere accuse. È importante che si siedano accanto a loro saltuariamente, per cercare di far capire loro che sono interessati al mondo incomprensibile e al gioco con cui stanno interagendo, e che tanto li appassiona. È importante non giudicare le parole del gruppo, ma sentire e comportarsi di conseguenza dopo aver individuato il problema.